Il “cattivismo”

Sento che è ormai maturo il tempo di coniare questa nuova parola. Dovrebbero sentirlo anche coloro che ormai da qualche anno se la prendono con i cosiddetti “buonisti”. Il successo inarrestabile di Trump e dei suoi imitatori ha ormai decretato la consacrazione di un atteggiamento patologico, di tipo politico, sociale e psicologico, che quindi può essere fotografato, classificato, etichettato e soprattutto diagnosticato, criticato e satireggiato.

Un po’ come tutti gli “ismi”, il cattivismo non è che il risultato di un processo che porta all’estreme conseguenze, eccedenti e dannosamente parossistiche, un comportamento inizialmente positivo. Questo nasceva dalla sana esigenza di riaffermare la necessità della fermezza, del giudizio, del rispetto delle regole e delle norme, dell’uso, in alcuni casi, della forza per opporsi al male. Si ricollegava ontologicamente alla difesa del passato, della tradizione; alla ribellione a un progressismo sfrenato che appunto annacqua la verità, confonde i piani di giudizio, allenta la reazione della legge, dimostra una cedevolezza rispetto alla violazione dell norma.

Ma mi sembra ormai chiaro che, dai pur lodevoli intenti primari, questo approccio sia degenerato oggi in un ridicolo e sterile elogio della mano forte, senza riconoscerne l’inefficacia. In un’ottusa apologia del legalismo che non ne coglie l’incapacità di rispettare il vero spirito delle leggi. E soprattutto in un’infantile necessità di disegnare sulla lavagna, continuamente, la lista dei buoni e dei cattivi. Per potersi collocare, ovviamente, sempre nella prima colonna.

Il cattivista che è in ognuno di noi attribuisce al buonismo la causa di tutti i mali senza ammettere che accogliere, discernere, dialogare richiede coraggio, cura , attenzione e e quindi una gran fatica che lui non è disposto a sopportare. Si rifugia così nei facili slogan destrorsi legati ai concetti di ordine, giustizia, pulizia, restauro delle regole, o della sacralità. E in questo ossessivo tentativo di ridurre alle sue astratte visioni mentali la realtà diventa inconsapevolmente caricaturale, proprio per il suo idealismo e la sua mancanza di pragmatismo. Certo, il cattivista è anche pericoloso, ma è soprattutto, ormai, buffo.

 

CATTIVIK

IL CATTIVISTA

 

 

 

 

 

2 commenti

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2 risposte a “Il “cattivismo”

  1. Alberto hermanin

    Beh, concordo: anche se parlare di buffo quando un pericoloso coglione tiene le chiavi di una guerra nucelare forse è eccessivamente ottimista. Mi piace anche il riferimento affettuosamente critico al buonismo: anche lui sembra avere ben scarse aderenze con la realtà…..

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