Amo Gesù più di Dio perché mi ha insegnato a essere un uomo libero
di Ermanno Olmi (dal "Corriere della Sera" del 20 giugno 2008)
Ho sempre sentito la figura di Cristo come un amico, un punto di riferimento, ma, più ancora, come qualcuno che per tutta la vita mi è stato col fiato sul collo. Non si tratta della sua immagine codificata dalla religione, né del suo significato di uomo divino, di Figlio del Padre, quanto piuttosto di un’attrazione istintiva, quasi inconsapevole, per la sua figura umana, che ho sentito profonda fin da bambino. A quei tempi, quando venivo portato alla messa della domenica, l’icona del Cristo faceva parte della religiosità dei nonni, della suggestione delle liturgie. Ma non appena ho avuto l’età in cui certe domande si affacciano non solo spontanee ma assolutamente inevitabili, ecco che la mia attenzione si è fermata sulla figura di Gesù come uomo. Uno come noi, uno che ancora oggi potremmo incontrare per strada, se solo fossimo più attenti a guardare il prossimo. Quando affrontai in solitudine i Vangeli, che prima ascoltavo nelle letture del parroco, mi resi conto di come quelle parole assumessero una verità non rimandabile, diretta proprio a me, perdendo il riverbero che, nell’ambito della solennità religiosa, accendeva quegli aspetti che potremmo definire quasi magici della religione. Ricordo che, quando andavo a messa, il miracolo del vino, per fare un esempio, mi pareva quasi un trucco da maestro prestigiatore. Quando invece — raggiunta l’età in cui ci si pongono domande che richiedono con prepotenza la serietà di una risposta — è emerso il Cristo uomo, quello che soffre come noi, che come noi patisce l’ingiustizia, leggendo i Vangeli li ho scoperti nuovi e diversi. È nata lì la mia grande curiosità nei confronti di Gesù di Nazareth. Tuttavia questa curiosità mi poneva di fronte a un confronto difficilmente sostenibile; sentivo, appunto, il fiato sul collo di una presenza che, pur lontana duemila anni, era continuamente parlante, continuamente significante. Ma cos’è, in fondo, la presenza del Cristo? È il continuo rinvio che ti costringe a farti riconoscere nei volti del tuo prossimo. È chiaro che quando sei di fronte a modelli di questo tipo, o hai la folgorazione che ti porta alla dedizione totale — e il sacerdozio ne è la forma più alta — o ti dedichi a forme di volontariato, con quell’abnegazione di cui Madre Teresa di Calcutta è stata interprete sublime. Oppure sei costretto a fare i conti con tutte quelle incertezze, quei timori, quel non avere fede e desiderio di fede, che è retaggio di noi uomini. Ecco, io non sono mai stato un uomo di fede, nel senso che in fondo non ho mai potuto raggiungere una condizione nella quale potere dire da adesso ci credo e nulla più verrà a incrinare questa mia convinzione. No, non è stato così, e non è ancora così. Vado in cerca della fede, giorno dopo giorno; così come vado in cerca dell’amore, della libertà, che non sono mai dati una volta per tutte ma che sono una conquista da vivere intensamente nel momento in cui ti si offre l’occasione, sapendo che sarai destinato a ripetere i tuoi passi nel buio, a procedere a tentoni, fino a un nuovo bagliore, fino a un nuovo attimo di compiuta felicità. Mai, tuttavia, il mio amore per Cristo è passato attraverso la prova dei dogmi. Uno tra i dogmi più tormentati è quello della verginità della Madonna: ovvero di come la Madonna abbia concepito per volere divino. Ma che senso ha preoccuparci di questo? Che senso ha, quando Colui che questa giovane donna ha messo al mondo ha abbracciato una strada che comportava la rinuncia a tutti i dogmi della religione di cui era «maestro»? Gesù era rabbino, eppure ha buttato all’aria tutti i dogmi per dire non vale la legge dell’occhio per occhio, del dente per dente. Vale la legge del perdono. Per questo lo hanno messo in croce. Il primo a ribellarsi a forme dogmatiche è stato proprio il Cristo. Perché, allora, dovrei pormi l’assillo di dovere credere alla verginità della Madonna? Credo invece alla purezza di cuore della Madonna, al suo intimo sentimento. La condizione di limpida solitudine con cui ha atteso questo figlio, il Salvatore del mondo, era tale da rendere Lei stessa divina. Cristo non impone la fede né rigidi precetti, ma di amare tutti come fratelli. L’amore non impone regole né dogmi. C’è nel film L’Albero degli zoccoli una povera contadina vedova con molti figli; il prete le offre la possibilità di metterne qualcuno in orfanotrofio. Lei pensava che fosse venuto per rimproverarla di non presentarsi a messa, la domenica. Non ho tempo, perché lavo i panni per tutti, per fare mangiare i miei figli. E cosa le risponde quel saggio prete? Cura i tuoi bambini, che è un dovere che viene prima della messa. Proviamo a immaginare «il buon samaritano» che trova lungo la strada l’uomo ferito e maltrattato e invece di soccorrerlo gli dice: «Adesso vado a messa, poi torno a darti una mano». Eh no! Per prima cosa vengono i doveri verso chi ha bisogno. L’amore per il prossimo. L’amore che Cristo ci ha insegnato verso i fratelli. Amo di più Gesù che Dio. Amo di più gli uomini che Dio, perché sono convinto che, se ci vede da qualche parte dell’Universo, Lui vuole questo. Anzi, se devo dire fino in fondo quel che sento, non sono capace di amare Dio come amo i miei amici. E se, nel momento estremo mi si presenterà Dio Padre, dalla grande barba bianca, e mi guarderà: «Rendimi conto della tua vita», io farò il nome dei miei amici. E tra questi amici, anche Gesù: il Signore Gesù Cristo, nato in quel certo luogo, in quel certo giorno tanti anni fa. Cristo è libertà, oltre codici e dogmi. Perché Gesù scaccia i mercanti dal tempio? Perché, come dicono i Vangeli, il tempio di Dio era diventato luogo di mercanti e di cambiavalute: una sorta di borsa valori. E non è forse avvenuta la stessa cosa in molte istituzioni religiose? Solo pochi anni fa, si vendevano ancora indulgenze e messe, che avevano una tariffa a seconda del lusso della celebrazione: con musica e senza musica. E se fosse capitato lì Gesù Cristo? Sappiamo che Egli non è venuto per farci conoscere il Verbo di Dio, inteso solo come pronunciamento di parole, ma per vivere la vita degli uomini come Verbo di Dio. E anche se non lo ha detto, molto ha imparato dalle virtù degli umili. Poiché la sua disposizione ad amare il prossimo gli ha consentito di ricevere un ritorno di amore che è il primo frutto del Suo insegnamento. Non è stato solo un Maestro, è stato anche discepolo dell’umanità. Gesù come Tolstoj, come Gandhi: sono figure che ti segnano per sempre. Che appena le frequenti anche per poche pagine, per poche ore, ti cambiano la vita. Sono modelli. O meglio, sono proposte, perché il modello è fermo, mentre la proposta è in continuo divenire. E non ti lascia più vivere come prima. Dopo Cristo il mondo è cambiato. E non perché molti di noi sono diventati più buoni. Gli uomini sono sempre gli stessi. Ma abbiamo capito di più. Che lo si riconosca o no. Diventare migliore, poi, sta nella libertà di ciascuno. Ma quando abbiamo capito di più, la nostra responsabilità è più grande. Il progetto cristiano, in sostanza, si fonda sulla donazione d’amore più che sulla richiesta di bene (o di beni). Mentre quasi tutte le altre ideologie predicano in gran parte il contrario: il diritto di avere dei diritti. Persino quello di uccidere il tuo nemico. No! Il suggerimento cristiano — non uso la parola religione, ma suggerimento, in quanto la religione comporta determinati obblighi, come iscriversi a un certo partito di Dio — sta nel disporsi alla condizione del donare. E quindi anche del per-donare. Purtroppo però, nella storia, il Cristianesimo si è creato dei diritti: sopra ogni altro, il diritto di giudicare gli altri secondo una divisione che riguarda un apparato di regole generali alle quali tutti devono uniformarsi. Per questo il Cristianesimo è stato tradito, nella sua essenza. In fondo, i principi che ci ha lasciato Gesù sono pochi, ma chiarissimi: ama il prossimo tuo come te stesso… bastano poche cose. Bene, queste poche cose sono state disattese. C’è poi un’altra domanda: i dieci comandamenti sono stati scolpiti nella pietra, ma perché Cristo non volle scrivere? Mentre Mosè fonda una religione attraverso la dettatura dei comandamenti, che poi vengono impressi per sempre nella pietra, Cristo vuole che la parola conservi la sua dinamicità, la possibilità di essere continuamente riscritta dagli uomini. La possibilità, ogni volta che la si pronuncia, di trovare un significato nuovo. Ancora, dunque, Cristo è per me libertà. Insomma, lo ripeto, ho sempre sentito il fiato di quel signore sul collo, e non riesco a liberarmene, perché proverei un senso di solitudine. Ma, paradossalmente, proprio in questo sta il mio senso della libertà. Ogni qual volta un uomo si comporta secondo le modalità di relazioni umane che somigliano a quelle dell’uomo-Cristo è in un certo senso egli stesso Cristo, così come ogni volta che aderiamo a una proposta di vita che è quella di Cristo, siamo un po’ Cristo anche noi. Non c’è bisogno di andare in croce. Basta imparare a rinascere, a recuperare l’innocenza che ci consente di cogliere i segni di vita in tutte le creature. A vedere la realtà che c’è in tutte le cose, a sentirla, a provarne profondamente il sentimento.
thanx to Hans