Archivi del mese: giugno 2008

Altre 'perle' di Daniele Luttazzi

I magnaccia italiani offesi dal paragone di Di Pietro.

La famiglia De Pedis vuole spostare la tomba di Renatino. Accanto a quella di Wojtyla.

Veltroni: "Le intercettazioni vanno pubblicate solo se non sputtanano".

Lodo Schifani, saranno prese le impronte digitali alle quattro alte cariche dello Stato.

Da IL MANIFESTO di ieri e dell’altro ieri

(posted by Hans)

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disco samba

Quest’anno ricorre il 30° anniversario della pubblicazione di uno dei brani di musica pop più conosciuti e ballati al mondo. Si tratta del celeberrimo Disco Samba, inciso proprio nel 1978 dal trio di musicisti belgi (!) ‘Two man Sound’. A tre decenni dalla sua pubblicazione, questa traccia che combina in un ‘disco mix’ di sette minuti circa melodie sudamericane e ritmica tipica della discomusic, resta assai popolare. Spesso è utilizzata per feste danzanti e diventa brano ispiratore per il cosiddetto ‘trenino’, ossia per quel passo di danza collettivo che vede i festeggiandi porsi uno dietro l’altro, ognuno poggiando le mani sulle spalle del ballerino che lo precede, formando così un simpatico convoglio danzante che si snoda per la sala, coinvolgendo man mano gli astanti in modo piuttosto forzato. Di solito la circostanza è  impregnata di una frenesia malinconica e si verifica al culmine della festa segnandone anche l’inarrestabile declino.

Da segnalare che l’estrema popolarità del brano, spesso intonato in un portoghese storpiato, è comprovata dall’utilizzo di una sua sequenza (quella che recita: ‘o le le o la la pega no ganze’ pega no ganza’’) per un canto osceno tipico da stadio che invita un’ideale o reale malcapitata a mostrare al pubblico le sue parti intime e a metterle  a disposizione di chi volesse approfittarne.    

Di seguito il testo completo:

Disco Samba – 1978

pe pe, pe pe pe pe!
pe pe, pe pe pe pe!
pe pe, pe pe pe pe, pe pe!

pe pe, pe pe pe pe!
pe pe, pe pe pe pe!
pe pe, pe pe pe pe, pe pe!

upa neguinho na estrada
upa pra’ la e pra’ ca’
virgem que coisa mais linda
upa neguinho
comencando a andar
comencando a andar
comencando a andar!

zazuera, zazuera…
zazuera, zazuera…

a-e-i-o-u ipselon
a-e-i-o-u ipselon
a-e-i-o-u ipselon

fio maravilha nos gostamos de voce
te te te te te, te te!

fio maravilha faz um pra’ gente ver
te te te te te, te te!

brigitte bardot bardot
brigitte beijou beijou
na fila do cinema todo mundo se afogou

ay ay caramba, ay ay caramba…
ay ay caramba, ay ay caramba…

moro, num pais tropical
ambenconao por deus
e bonito por natureza mais que beleza

sou fla fla, pae-e-e
sou fla fla, pae-e-e
sou fla fla, pae-e-e
sou fla fla, pae-e-e

brasil, la la la la la la la laaa
la la la la la la la laaa
la la la la la la la laaa
brasil, brasil

voce abosou
tirou partido de mim abosou
tirou partido de mim abosou
tirou partido de mim abosou

na na na
nega, nega, nega
de obalubae-e

na na na na…
na na na na… na na na…
na na na na… na na na…
quero de novo cantar…

eh meu amigo charlie
uh uh uh uh…
eh meu amigo charlie brown
charlie brown, charlie brown

o le le o la la
pega no ganze’ pega no ganza’
o le le o la la
pega no ganze’ pega no ganza’

mariana, mariana
que saludeda daquela linda bahiana

oh… oh oh oh oh, aria aio
oba’ oba’ oba’
oh… oh oh oh oh, aria aio
oba’ oba’ oba’

por isso agora deixa
estar deixa estar
que eu vou entregar voce

ole’!

ole’… ola’,
o flamengo ta botando pra’ quebar
ole’… ola’,
o flamengo ta botando pra’ quebar

bahia… daran daran daran dan…
piarun darun dai deiran…
piarun darun dan
piarun dairan daran de un dairan dan
piarun dei o dairan dei

parun dirum dirum daum
pirum deium dar um daum
uosebai!

zum zum zum zum zum zum…
porerere dan un dain
zum zum zum zum zum zum…
porerere dan un dain
zum zum zum zum zum zum…
porerere dan un dain
zum zum zum zum zum zum…
porerere dan un dain

eh meu amigo charlie
uh uh uh uh…
eh meu amigo charlie brown
charlie brown, eh…

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Obamania

Gli europei amano Obama, ma il 4 novembre votano gli americani

di Alessandro M. Gisotti da L’Occidentale

Con la nomination democratica, l’obamania è sbarcata in Europa. A fine maggio, riporta il Wall Street Journal, un sondaggio realizzato in cinque Paesi europei (Regno Unito, Francia, Germania, Italia e Russia) ha registrato un consenso per Obama del 52 per cento degli intervistati rispetto al 15 per cento in favore di McCain. In Francia, il dato è ancora più sorprendente: 65 per cento per il senatore dell’Illinois, solo 8 per cento per il veterano del Vietnam. Secondo John K. Glenn del German Marshall Fund, il successo di Obama contro Hillary ha nuovamente persuaso gli europei sulla vitalità del sistema americano. Alcuni media tedeschi hanno perfino favoleggiato che Obama quest’estate possa recarsi a Berlino, alla Porta di Brandeburgo, laddove JFK pronunciò il suo storico discorso nel 1963. La notizia è stata smentita dal portavoce del candidato democratico. In Belgio, nei giorni scorsi, il quotidiano Le Soir ha pubblicato un sondaggio dal risultato bulgaro: Obama piace al 74 per cento dei belgi. 

E’ in Francia, però, che l’obamania è al parossismo. Per Samuel Solvit, presidente del “Comitato francese pro Barack Obama” – intervistato dall’International Herald Tribune – i francesi non sono mai stati così ben disposti verso l’America da quando, nel 1865, donarono agli Stati Uniti la Statua delle Libertà. Per Le Figaro, “grazie ad Obama è tornata a farsi viva una certa idea dell’America: quella di una società generosa in cui l’uguaglianza delle opportunità non è una vuota promessa”. Il maggiore settimanale francese, L’Express, ha dedicato ad Obama la copertina ed uno speciale di 15 pagine. Il senatore afro-americano viene descritto come “il Kennedy nero” o “il Michael Jordan della politica”. L’autobiografia di Obama, The Audacity of hope, è in vetta alla classifica dei libri più venduti in Francia. Il candidato di origine keniane, poi, è già una leggenda tra gli immigrati africani che vivono nelle periferie parigine. Come ha notato con ironia il giornalista e scrittore americano, Richard Reeves, in Francia si aspettano che Obama attraversi l’Atlantico per andare in Europa camminando sulle acque. 

Le aspettative sono dunque altissime. E altrettanto cocenti potrebbero essere le delusioni. Il quotidiano tedesco Frankfurter Allgemeine Zeitung ha rilevato, la settimana scorsa, che questa ondata di entusiasmo europeo per Obama ha elevato il senatore “ad una sorta di messia politico del 21.mo secolo”. Un ruolo che sarà molto difficile da incarnare. D’altro canto, molti fan europei del “Yes, we can” potrebbero rimanere delusi dalla sua presidenza. Innanzitutto, qualora eletto, Obama potrebbe utilizzare il suo appeal per chiedere ai partner europei un maggiore impegno in Afghanistan e perfino in Iraq. Altro punto dolente sono i rapporti commerciali USA-UE. Rispetto all’“aperturista” Bush, infatti, Obama potrebbe rivelarsi decisamente più protezionista di quanto gli europei si aspettino. C’è poi la questione del ruolo dell’America nel mondo. Obama sembra garantire una maggiore predisposizione al multilateralismo rispetto a Bush (soprattutto al Bush del primo mandato). Tuttavia, come le sue recenti dichiarazioni pro Israele dimostrano, sui capisaldi della politica estera è improbabile che un presidente Obama viri di 180 gradi rispetto alle precedenti amministrazioni. Gli obamiani del Vecchio Continente sono avvertiti.

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Luttazzate

Dallo scorso 6 giugno Daniele Luttazzi tiene sulla prima pagina del Manifesto una rubrica satirica dal titolo "Ultim’ora". Elenco di seguito alcune delle  migliori battute partorite dal geniale comico romagnolo segnalatemi da quel birichino di Hans.

Ratzinger: "Gli omosessuali possono sposarsi, ma non fra di loro".

Le ceneri di Kurt Cobain ritrovate nel naso di Keith Richards.

Pacchetto sicurezza: verrà istituito lo stronzo di quartiere.

Il governo rivedrà le regole d’ingaggio in Afghanistan, il Pd attacca: "Ok".

Bimbo di tre anni muore dopo l’autopsia.

L’Osservatore Romano: "Immorali gli insetti ermafroditi".

I timori di una stagflazione spingono molti a cercare sul vocabolario la parola stagflazione.

La discarica di Chiaiano perfetta per le carte del processo Mills.

Il matrimonio Briatore-Gregoraci spinge alla tregua Israele e Hamas.

Le leggi vergogna non distraggono gli italiani dalla partita con la Spagna.

Naomi Campbell condannata ai servizi sociali, camberà il pannolone a Briatore.
 

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Il morso del Caimano

di Curzio Maltese (da Repubblica di oggi)

È un po’ ingenuo, anzi molto, stupirsi che Berlusconi sia tornato Caimano. Se esiste una persona fedele a se stessa, oltre ogni umana tentazione di dubbio o di noia, questa è il Cavaliere. Era così già molto prima della discesa in politica, con la sua naturale carica eversiva, il paternalismo autoritario, l’amore per la scorciatoia demagogica e il disprezzo irridente per ogni contropotere democratico, a cominciare dalla magistratura e dal giornalismo indipendenti, l’insofferenza per le regole costituzionali, appresa alla scuola della P2.
Il problema non è mai stato quanto e come possa cambiare Berlusconi, che non cambia mai. Piuttosto quanto e come è cambiata l’Italia, che in questi quindici anni è cambiata moltissimo. In parte grazie all’enorme potere mediatico del premier.
Ogni volta che Berlusconi ha conquistato Palazzo Chigi ha provato a forzare l’assetto costituzionale e per prima cosa ha attaccato con violenza la magistratura. Lo ha fatto nel 1994 con il decreto Biondi, primo atto di governo; nel 2001, quando i decreti d’urgenza sulla giustizia furono presentati prima ancora di ricevere la fiducia; e oggi. Con una escalation di violenza nei toni e, ancor di più, nei contenuti dei provvedimenti.
Il pacchetto giustizia di oggi è più eversivo della Cirami e del lodo Schifani, a sua volta più eversivi del "colpo di spugna" del ’94. Ma, alla crescente forza delle torsioni imposte da Berlusconi agli assetti democratici, ha corrisposto una reazione dell’opinione pubblica sempre più debole. Nel ’94 la rivolta contro la "salva-ladri" azzoppò da subito un governo destinato a durare pochi mesi. Nel 2001 i "girotondi" inaugurarono una stagione di movimenti, con milioni di persone nelle piazze, che si tradussero fin dal primo anno in una serie di pesanti sconfitte elettorali per la maggioranza di centrodestra, pure larghissima in Parlamento.
La terza volta, questa, in presenza di un tentativo ancora più clamoroso di far saltare i cardini della magistratura indipendente, la reazione è molto debole. L’opposizione, accantonate le illusioni di dialogo, annuncia una stagione di lotte, ma non ora, in autunno. La cosiddetta società civile sembra scomparsa dalla scena. I magistrati sono gli unici a ribellarsi con veemenza, ma sembrano isolati, almeno nei sondaggi. Quasi difendessero la propria corporazione e non i diritti e la libertà di tutti, così come l’hanno disegnata i padri della Costituzione.
Ecco che la questione non è che cosa sia successo a Berlusconi (nulla), ma che cosa è successo al Paese. Siamo davvero diventati un "paese un po’ bulgaro", come si è lasciato sfuggire il demiurgo pochi giorni fa? La risposta, purtroppo, è sì.
In questo quarto di secolo che non ha cambiato Berlusconi, l’Italia è cambiata molto e in peggio, il tessuto civile e sociale si è logorato, il senso comune è stato modellato su pulsioni autoritarie. Molti discorsi che si sentono negli uffici, nei bar, sulle spiagge oggi, da tutti e su tutto, si tratti di immigrazione o di giustizia, di diritti civili come di religione, di Europa o di sindacati, nell’Italia del ’94 sarebbero stati inimmaginabili.
Il berlusconismo è partito dalla pancia di un Paese dove la democrazia non si è mai compiuta fino in fondo, per mille ragioni (ragioni di destra e di sinistra), ma ora ha invaso tutti gli organi della nazione ed è arrivato al cervello. La mutazione genetica della società italiana è evidente a chi ci guarda da fuori. Perfino negli aspetti superficiali, di pelle: non eravamo mai stati un popolo "antipatico", com’è oggi. Più seriamente, il ritorno di Berlusconi al potere e le sue prime e devastanti uscite hanno evocato i peggiori fantasmi sulla scena internazionale.
Si tratta però di vedere se il "caso Italia" è tale anche per gli italiani. Se nell’opinione pubblica esistano ancora quei reagenti democratici che hanno impedito nel ’94 e nel 2001 la deriva, più o meno morbida, verso un regime. I segnali sono contraddittori, la partita è aperta. Certo, in questi decenni la forza d’urto del populismo berlusconiano è andata crescendo, così come la presa su pezzi sempre più ampi di società. Non si tratta soltanto di potere delle televisioni o dell’editoria, ma di una vera e propria egemonia culturale. E sorprende che nell’opposizione, gli ex allievi di Gramsci, ancora oggi, a distanza di tanto tempo, non comprendano i meccanismi e la portata della strategia in atto.
Altro che "l’onda lunga" di craxiana memoria. Anche loro, purtroppo, non cambiano mai. Si erano illusi (ancora!) di trasformare Berlusconi in uno statista, offrendogli un tavolo di trattative. S’illudono (ancora!) di poter resistere con la politica del "giù le mani" e con l’arroccarsi nelle regioni rosse, che sono già rosa pallido e rischiano prima o poi di finire grigie o nere. In attesa di tempi migliori.
Non ci saranno tempi migliori per l’opposizione. Bisogna trovare qui e ora il coraggio di proposte forti e alternative al pensiero unico dominante, invenzioni in grado di suscitare dibattito e bucare così la plumbea egemonia "bulgara" dell’agenda governativa. Bisogna farsi venire qualche idea, anzi molte, una al giorno, per svegliare l’opinione pubblica democratica dal torpore ipnotico con cui segue gli scatti in avanti di Berlusconi. Lo stesso torpore ipnotico che coglie la preda davanti alle mosse del caimano. Che alla fine, attacca.

grazie a hans 


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Amo Gesù più di Dio

Amo Gesù più di Dio perché mi ha insegnato a essere un uomo libero

di Ermanno Olmi (dal "Corriere della Sera" del 20 giugno 2008)

Ho sempre sentito la figura di Cristo come un amico, un punto di riferimento, ma, più ancora, come qualcuno che per tutta la vita mi è stato col fiato sul collo. Non si tratta della sua immagine codificata dalla religione, né del suo significato di uomo divino, di Figlio del Padre, quanto piuttosto di un’attrazione istintiva, quasi inconsapevole, per la sua figura umana, che ho sentito profonda fin da bambino. A quei tempi, quando venivo portato alla messa della domenica, l’icona del Cristo faceva parte della religiosità dei nonni, della suggestione delle liturgie. Ma non appena ho avuto l’età in cui certe domande si affacciano non solo spontanee ma assolutamente inevitabili, ecco che la mia attenzione si è fermata sulla figura di Gesù come uomo. Uno come noi, uno che ancora oggi potremmo incontrare per strada, se solo fossimo più attenti a guardare il prossimo. Quando affrontai in solitudine i Vangeli, che prima ascoltavo nelle letture del parroco, mi resi conto di come quelle parole assumessero una verità non rimandabile, diretta proprio a me, perdendo il riverbero che, nell’ambito della solennità religiosa, accendeva quegli aspetti che potremmo definire quasi magici della religione. Ricordo che, quando andavo a messa, il miracolo del vino, per fare un esempio, mi pareva quasi un trucco da maestro prestigiatore. Quando invece — raggiunta l’età in cui ci si pongono domande che richiedono con prepotenza la serietà di una risposta — è emerso il Cristo uomo, quello che soffre come noi, che come noi patisce l’ingiustizia, leggendo i Vangeli li ho scoperti nuovi e diversi. È nata lì la mia grande curiosità nei confronti di Gesù di Nazareth. Tuttavia questa curiosità mi poneva di fronte a un confronto difficilmente sostenibile; sentivo, appunto, il fiato sul collo di una presenza che, pur lontana duemila anni, era continuamente parlante, continuamente significante. Ma cos’è, in fondo, la presenza del Cristo? È il continuo rinvio che ti costringe a farti riconoscere nei volti del tuo prossimo. È chiaro che quando sei di fronte a modelli di questo tipo, o hai la folgorazione che ti porta alla dedizione totale — e il sacerdozio ne è la forma più alta — o ti dedichi a forme di volontariato, con quell’abnegazione di cui Madre Teresa di Calcutta è stata interprete sublime. Oppure sei costretto a fare i conti con tutte quelle incertezze, quei timori, quel non avere fede e desiderio di fede, che è retaggio di noi uomini. Ecco, io non sono mai stato un uomo di fede, nel senso che in fondo non ho mai potuto raggiungere una condizione nella quale potere dire da adesso ci credo e nulla più verrà a incrinare questa mia convinzione. No, non è stato così, e non è ancora così. Vado in cerca della fede, giorno dopo giorno; così come vado in cerca dell’amore, della libertà, che non sono mai dati una volta per tutte ma che sono una conquista da vivere intensamente nel momento in cui ti si offre l’occasione, sapendo che sarai destinato a ripetere i tuoi passi nel buio, a procedere a tentoni, fino a un nuovo bagliore, fino a un nuovo attimo di compiuta felicità. Mai, tuttavia, il mio amore per Cristo è passato attraverso la prova dei dogmi. Uno tra i dogmi più tormentati è quello della verginità della Madonna: ovvero di come la Madonna abbia concepito per volere divino. Ma che senso ha preoccuparci di questo? Che senso ha, quando Colui che questa giovane donna ha messo al mondo ha abbracciato una strada che comportava la rinuncia a tutti i dogmi della religione di cui era «maestro»? Gesù era rabbino, eppure ha buttato all’aria tutti i dogmi per dire non vale la legge dell’occhio per occhio, del dente per dente. Vale la legge del perdono. Per questo lo hanno messo in croce. Il primo a ribellarsi a forme dogmatiche è stato proprio il Cristo. Perché, allora, dovrei pormi l’assillo di dovere credere alla verginità della Madonna? Credo invece alla purezza di cuore della Madonna, al suo intimo sentimento. La condizione di limpida solitudine con cui ha atteso questo figlio, il Salvatore del mondo, era tale da rendere Lei stessa divina. Cristo non impone la fede né rigidi precetti, ma di amare tutti come fratelli. L’amore non impone regole né dogmi. C’è nel film L’Albero degli zoccoli una povera contadina vedova con molti figli; il prete le offre la possibilità di metterne qualcuno in orfanotrofio. Lei pensava che fosse venuto per rimproverarla di non presentarsi a messa, la domenica. Non ho tempo, perché lavo i panni per tutti, per fare mangiare i miei figli. E cosa le risponde quel saggio prete? Cura i tuoi bambini, che è un dovere che viene prima della messa. Proviamo a immaginare «il buon samaritano» che trova lungo la strada l’uomo ferito e maltrattato e invece di soccorrerlo gli dice: «Adesso vado a messa, poi torno a darti una mano». Eh no! Per prima cosa vengono i doveri verso chi ha bisogno. L’amore per il prossimo. L’amore che Cristo ci ha insegnato verso i fratelli. Amo di più Gesù che Dio. Amo di più gli uomini che Dio, perché sono convinto che, se ci vede da qualche parte dell’Universo, Lui vuole questo. Anzi, se devo dire fino in fondo quel che sento, non sono capace di amare Dio come amo i miei amici. E se, nel momento estremo mi si presenterà Dio Padre, dalla grande barba bianca, e mi guarderà: «Rendimi conto della tua vita», io farò il nome dei miei amici. E tra questi amici, anche Gesù: il Signore Gesù Cristo, nato in quel certo luogo, in quel certo giorno tanti anni fa. Cristo è libertà, oltre codici e dogmi. Perché Gesù scaccia i mercanti dal tempio? Perché, come dicono i Vangeli, il tempio di Dio era diventato luogo di mercanti e di cambiavalute: una sorta di borsa valori. E non è forse avvenuta la stessa cosa in molte istituzioni religiose? Solo pochi anni fa, si vendevano ancora indulgenze e messe, che avevano una tariffa a seconda del lusso della celebrazione: con musica e senza musica. E se fosse capitato lì Gesù Cristo? Sappiamo che Egli non è venuto per farci conoscere il Verbo di Dio, inteso solo come pronunciamento di parole, ma per vivere la vita degli uomini come Verbo di Dio. E anche se non lo ha detto, molto ha imparato dalle virtù degli umili. Poiché la sua disposizione ad amare il prossimo gli ha consentito di ricevere un ritorno di amore che è il primo frutto del Suo insegnamento. Non è stato solo un Maestro, è stato anche discepolo dell’umanità. Gesù come Tolstoj, come Gandhi: sono figure che ti segnano per sempre. Che appena le frequenti anche per poche pagine, per poche ore, ti cambiano la vita. Sono modelli. O meglio, sono proposte, perché il modello è fermo, mentre la proposta è in continuo divenire. E non ti lascia più vivere come prima. Dopo Cristo il mondo è cambiato. E non perché molti di noi sono diventati più buoni. Gli uomini sono sempre gli stessi. Ma abbiamo capito di più. Che lo si riconosca o no. Diventare migliore, poi, sta nella libertà di ciascuno. Ma quando abbiamo capito di più, la nostra responsabilità è più grande. Il progetto cristiano, in sostanza, si fonda sulla donazione d’amore più che sulla richiesta di bene (o di beni). Mentre quasi tutte le altre ideologie predicano in gran parte il contrario: il diritto di avere dei diritti. Persino quello di uccidere il tuo nemico. No! Il suggerimento cristiano — non uso la parola religione, ma suggerimento, in quanto la religione comporta determinati obblighi, come iscriversi a un certo partito di Dio — sta nel disporsi alla condizione del donare. E quindi anche del per-donare. Purtroppo però, nella storia, il Cristianesimo si è creato dei diritti: sopra ogni altro, il diritto di giudicare gli altri secondo una divisione che riguarda un apparato di regole generali alle quali tutti devono uniformarsi. Per questo il Cristianesimo è stato tradito, nella sua essenza. In fondo, i principi che ci ha lasciato Gesù sono pochi, ma chiarissimi: ama il prossimo tuo come te stesso… bastano poche cose. Bene, queste poche cose sono state disattese. C’è poi un’altra domanda: i dieci comandamenti sono stati scolpiti nella pietra, ma perché Cristo non volle scrivere? Mentre Mosè fonda una religione attraverso la dettatura dei comandamenti, che poi vengono impressi per sempre nella pietra, Cristo vuole che la parola conservi la sua dinamicità, la possibilità di essere continuamente riscritta dagli uomini. La possibilità, ogni volta che la si pronuncia, di trovare un significato nuovo. Ancora, dunque, Cristo è per me libertà. Insomma, lo ripeto, ho sempre sentito il fiato di quel signore sul collo, e non riesco a liberarmene, perché proverei un senso di solitudine. Ma, paradossalmente, proprio in questo sta il mio senso della libertà. Ogni qual volta un uomo si comporta secondo le modalità di relazioni umane che somigliano a quelle dell’uomo-Cristo è in un certo senso egli stesso Cristo, così come ogni volta che aderiamo a una proposta di vita che è quella di Cristo, siamo un po’ Cristo anche noi. Non c’è bisogno di andare in croce. Basta imparare a rinascere, a recuperare l’innocenza che ci consente di cogliere i segni di vita in tutte le creature. A vedere la realtà che c’è in tutte le cose, a sentirla, a provarne profondamente il sentimento.

thanx to Hans 

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ignudi fra i nudisti

Elio & le Storie Tese, featuring Giorgia

Dall’album ‘Studentessi’ – 2008

Non poteva che essere scelto come singolo dell’estate, sperando che estate sia… c’è Elvis (almeno così pare), ci sono il mare e/o i monti, ci sono l’uomo e la donna (Giorgia!), ma anche un puma veramente feroce, un orso che fa l’architetto e…

insomma, cosa aspettate a gustare il nuovo esilarante video di Elio e le Storie Tese?!

www.elioelestorietese.it

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Zapatero porta sfiga?

http://www.elconfidencial.com

La mayoría de los jugadores de la selección española (por no decir todos), de los empleados y de los directivos de la Real Federación Española de Fútbol no quiere que José Luis Rodríguez Zapatero acuda el próximo domingo al palco de El Prater de Viena para presenciar el encuentro de cuartos de final. No quieren a ZP frente a Italia. Las razones son varias, pero la que impera no tiene connotaciones ideológicas y no se fundamenta en ninguna lógica: le consideran ‘gafe’. Dentro de las supersticiones que predominante entre la gente del fútbol, se ha instalado una por la cual consideran que Zapatero les da mala suerte. Un motivo que puede considerarse peregrino, pero que es lo que sienten en la comitiva de la selección desplazada a la Euro2008. Quienes sí que han asegurado su presencia son el rey Juan Carlos I y la reina Sofía.

Desde la RFEF se maneja, sin embargo, la posibilidad de que el Presidente del Gobierno confirme en las próximas horas su asistencia al partido, así como la de otros altos representantes del Gobierno. El rechazo al presidente viene también avalado en el vestuario por el hecho de que Zapatero no despidió al equipo en España durante los últimos días de concentración, algo que sí hicieron otros, como por ejemplo Esperanza Aguirre, que se acercó hasta el cuartel general de las Rozas, en Madrid, para saludar y desear suerte a la expedición española pocos días antes de que comenzara la aventura europea. La Federación estaba convencida por aquellos días en que ZP iba a acercarse el día 4 de junio hasta Santander para presenciar el último partido de preparación de los chicos de Luis. Se armó bastante ruido, ya que la prueba fue ante la selección de Estados Unidos.

Según fuentes federativas, el presidente del Gobierno dejó pasar la oportunidad, "con tal de no tener que levantarse durante el himno el conjunto norteamericano". Un detalle: los que menos mueca ponen ante la posibilidad de que acuda ZP son los jugadores del Barcelona. Como se recordará, Zapatero, seguidor del conjunto azulgrana, presenció en Londres hace dos años la final de la Liga de Campeones, en la que el Barça obtuvo, frente al Aesenal, la segunda Copa de Europa de su historia. Los jugadores y el resto de la expedición está encantada de que finalmente SS.MM. los Reyes puedan estar en el palco el próximo domingo.

Zapatero sí despidió al equipo nacional de fútbol antes de partir al Mundial de Alemania y en aquella ocasión también provocó malestar entre el grupo de trabajo de la selección porque sólo quiso despedir a los 23 jugadores y a Luis Aragonés y ‘pasó’ del resto de personal que conforma la expedición de la selección española, como ayudantes de Luis, cuerpo médico, delegados y departamento de prensa.

Bè, speriamo che ZP venga a Vienna!

Psico 

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Saprofita

Lo sconcertante Mario Sconcerti, già citato qui recentemente a proposito di un suo editoriale dedicato agli Europei di calcio, ha firmato ieri, sempre sul Corriere della Sera, un commento sulla partita tra Italia e Francia che si concludeva con questa affermazione:

"Un’Italia resistibile, imperfetta, generosa e saprofita a cui stiamo imparando a voler bene".

Incuriosito, volendo tappare una delle tante falle della mia ignoranza, ho cercato in rete la definizione di ‘saprofita’ che al momento mi sfuggiva.

Secondo Wikipedia ‘col termine Saprofita, dal greco σαπρός (sapros) "marcio" e φυτόν (phytum) "pianta", si indicano quegli organismi che si nutrono di materia organica morta o in decomposizione’. Una definizione analoga danno il Dizionario della Lingua italiana ‘Sabatini Colletti’ e altri dizionari medici.

Grazie ai prodigi del web ho scoperto che esiste anche un film italiano, fortemente anticlericale, che s’intitola ‘Il saprofita’. E’ del 1974, vi recita Valeria Moriconi, e ha contenuti interessanti, credo per gli utenti di questo blog.

Ma quello che mi premerebbe capire è il perchè di questa ‘sconcertante’ definizione dello Sconcerti. Un’Italia che è ‘saprofita’ perchè ‘s’approfitta’ delle debolezze altrui? Soccorretemi.

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ecco cos'è arte

Los Angeles, 18 giu. (Adnkronos) – Cyd Charisse, attrice e ballerina diventata famosa per i ruoli interpretati nei musical degli anni Cinquanta, a fianco di Gene Kelly – nel celebre ‘Cantando sotto la pioggia’ (1952) – e Fred Astaire – nel ‘La bella di Mosca’ (1957) ispirato a ‘Ninotchka’ di Lubitsch – e’ morta a Los Angeles all’eta’ di 86 anni. A darne notizia e’ stato il suo agente, Gene Schwam, precisando che l’attrice, originaria del Texas, e’ deceduta a seguito di un attacco cardiaco.

Da non perdere anche questo duetto con Fred Astaire da ‘Band Wagon’ (1953).

thanx Rosario

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